Se ne parla molto negli ultimi tempi, ma tra carne artificiale, coltivata e sintetica si fa ancora confusione: ecco spiegata la differenza.
Carne sintetica, carne coltivata, carne artificiale, carne in laboratorio, carne in provetta: tanti nomi per indicare lo stesso prodotto. Come tante tecnologie emergenti, la nomenclatura fatica a stare al passo con lo sviluppo tecnologico finendo per coniare nomi diversi per indicare lo stesso fenomeno. Coi termini carne artificiale, carne sintetica e carne coltivata si intende infatti la stessa cosa ovvero quella tipologia di carne realizzata a partire da cellule animali moltiplicate in un bioreattore.
Cos’è la carne coltivata?
La carne coltivata è un tipo di carne che viene prodotta coltivando vere cellule animali prelevate da un animale vivo. Queste cellule, in genere cellule staminali, vengono lasciate in un ambiente di coltura e alimentate con nutrienti come aminoacidi, zuccheri e grassi per farle crescere in un bioreattore. Una volta moltiplicate, le cellule vengono assemblate in modo da formare un tessuto simile al muscolo di un animale. A differenza di altri tipi di alternative alla carne tradizionale ottenuta dalla macellazione (come la «carne» vegetale), la carne coltivata utilizza effettivamente cellule di animali veri ma non comporta la necessità di allevare o abbattere animali.
Meglio chiamarla carne artificiale o carne coltivata?
Come detto, di fatto non esiste alcuna differenza tra carne artificiale, carne sintetica e carne coltivata: le definizioni fanno riferimento allo stesso prodotto. Al momento non esiste infatti una «definizione ufficiale» per indicare questo tipo di alimento e la scelta è lasciata a chi ne parla e alle sue intenzioni.
Secondo i critici dei termini «carne artificiale» e «carne sintetica», si tratta di definizioni improprie e fuorvianti perché, nel prodotto finito, non si trova nulla di artificiale o sintetico. Si tratta di carne ottenuta a partire dalla lavorazione di cellule animali vere e quindi non più artificiale o sintetica di altri prodotti alimentari industriali altamente processati che non sono etichettati come artificiali o sintetici. Per questo motivo, per molti, la definizione di «carne coltivata» più si avvicina a descrivere il prodotto per quello che di fatto è: il risultato di una coltura cellulare.
È sbagliato chiamarla «carne» coltivata?
Il dibattito al riguardo del nome da utilizzare per la carne coltivata è in corso. Così come per i sostituti vegetali della carne o del latte, esiste un profondo gioco di interessi, non solo commerciali, riguardo al nome. Per i sostituti vegetali del latte, da tempo, non è più possibile utilizzare nomi che richiamino i prodotti originali: niente più «latte» di mandorla, «yogurt» di soia o «mozzarella» vegetale, ad esempio. Per lungo tempo tuttavia le due diciture hanno convissuto.
Dal novembre 2023 in Italia è vietato anche l’utilizzo di termini di macelleria che fanno riferimento a prodotti tradizionalmente a base di carne (come «hamburger», «salsiccia» e simil) per tutti quegli alimenti di origine interamente vegetale. Per gli alimenti plant-based, i produttori dovranno dare fondo alla fantasia e trovare nomi differenti.
Sulla carne coltivata la questione è più delicata perché, di fatto, si tratta di un prodotto di origine animale con caratteristiche vicine all’originale, semplicemente ottenuto con un metodo di produzione differente, per quanto innovativo, rispetto all’allevamento e alla macellazione tradizionale. È prevedibile che, almeno su questo fronte, la battaglia sui nomi continuerà ancora a lungo.