Per sapere cos’è lo specialty coffee bisogna guardare ad alcuni parametri di qualità specifica e analizzare tutti i passaggi della filiera.
Oggi sentir parlare di specialty coffee è tutt’altro che raro, ma capire cos’è questo particolare prodotto non è semplice. Con l’espressione si indica un tipo di caffè che rispetta specifici standard di qualità, rigidamente definiti. Ogni passaggio della filiera, dal campo alla tazzina, viene attentamente valutato e ogni figura all’interno della catena ricopre un ruolo di rilievo.
Cosa vuol dire specialty coffee?
Per capire cos’è lo specialty coffee è necessario fare riferimento alle direttive dalla Specialty Coffee Association. È questa, infatti, a definire i parametri che fanno in modo che un prodotto possa rientrare in tale dicitura. L’espressione indica, dunque, un particolare tipo di caffè verde tostato in modo da esprimere al meglio il proprio potenziale aromatico ed estratto nel rispetto di alcuni precisi standard. A essere valutati sono principalmente tre fattori: uniformità organolettiche, profilo gustativo e assenza di difetti.
Questi ultimi possono essere primari o secondari. I primi coinvolgono anomalie che identificano chicchi marci, neri o acidi mentre i secondi individuano quelli acerbi o rotti. Il verdetto finale è affidato al “cupping”, l’assaggio in cui al caffè viene assegnato un punteggio. Solo i prodotti che ottengono almeno 80 su 100 rientrano nella categoria specialty.
Cos’è lo specialty coffee?
Comprendere cos’è lo specialty coffee significa addentrarsi a fondo all’interno della filiera. A fare la differenza è, in primis, la fase di coltivazione. La varietà botanica deve essere necessariamente Arabica ed è necessario che essa possa crescere in un terreno ricco di sostanze nutritive e che trovi un clima adatto. Adeguato apporto di acqua e altitudine sono altrettanto importanti. Le drupe, i frutti della pianta, sono quindi, raccolte a mano, secondo rigidi criteri di selezione e si procede a farle essiccare naturalmente.
Successivamente il caffè viene lasciato a riposare e va incontro alla fermentazione. A questo punto i chicchi giungono nel Paese di destinazione, dove viene sottoposto all’assaggio e distribuito ai torrefattori. Arriva, dunque, il momento della tostatura, attraverso cui si definisce il profilo aromatico del prodotto. Lo specialty coffee non mostra chicchi eccessivamente scuri, e quindi bruciati. Il processo esalta, invece, le note dolci.
Differenza tra caffè e specialty coffee
Sapere cos’è lo specialty coffee vuol dire farsi un’idea precisa del perché esso sia diverso dal caffè tradizionale. È in questa fase che entra in gioco l’ultima parte della catena produttiva. Perché il prodotto arrivi nella tazzina è, infatti, necessario l’intervento del barista, anello di congiunzione all’interno della filiera. Durante macinatura, estrazione ed infusione il compito di quest’ultimo è quello di preservare le caratteristiche del caffè di qualità.
Una volta fatto ciò, però, arriva il momento di presentare il prodotto al cliente. La comunicazione diventa, dunque, fondamentale. Il concetto va esposto con semplicità, ma è cruciale far capire al consumatore che ciò che ha di fronte è un prodotto di qualità superiore che rispetta determinati standard ambientali ed etici che, inevitabilmente, si riflettono sul prezzo.
Il concetto di specialty coffee è complesso e tridimensionale, quindi è normale che capire cos’è questa tipologia di prodotto non sia immediato. La definizione si è, per altro, evoluta nel tempo. Ai primi utilizzi, negli anni ’70 in America, essa indicava particolari tipi di caffè prodotti in specifiche condizioni climatiche. Grazie alla Specialty Coffee Association, che ha ampliato e perfezionato gli standard, oggi la dicitura è diventata questione di cifre.