La farina di semi d’uva ottenuta dagli scarti della produzione del vino permette di ridurre lo spreco alimentare.
L’utilizzo della farina di semi d’uva potrebbe aiutare a combattere lo spreco alimentare. Questa è una caratteristica di molte farine particolari fatte con ingredienti che, pur essendo commestibili, rischiano di essere buttati perché non siamo abituati a considerarli un alimento.
Farina di semi d’uva
La farina di semi d’uva (chiamati vinaccioli) è una delle farine particolari che stanno prendendo piede nell’ultimo periodo. I semi dell’uva, insieme ad altri elementi solidi degli acini, costituiscono la vinaccia, cioè il residuo della spremitura delle uve. Una parte di questa viene scartata. L’utilizzo dei vinaccioli permette di produrre la farina di semi d’uva, il cui sapore meglio si accosta con il cioccolato e la marmellata.
Per fare questo genere di farine particolari vengono presi i semi dell’uva. Successivamente, i semi sono pressati da un macchinario per ricavarne una sorta di olio, mentre il residuo solido viene essiccato e ulteriormente macinato per produrre la farina. Una tonnellata di semi può produrre circa oltre 800 chilogrammi.
Farina ottenuta dal caffè
L’assortimento di questi prodotti particolari non termina con la farina di semi d’uva. Un’altra farina che potrebbe attirare i più curiosi è quella ricavata dalle bacche di caffè. Solitamente, i produttori del caffè sono interessati ai chicchi, dal momento che permettono di ricavare la famosa bevanda calda. Tuttavia, anche il resto della bacca del caffè può essere ancora utilizzato.
Infatti, è stato elaborato un processo che permette di essiccare le bacche per poi poterle macinare e ottenere una delle tante farine particolari. Il prodotto finale è commercializzato in America Latina, in Vietnam e nelle Hawaii. Le bacche secche e bollite sono utilizzate anche per realizzare una sorta di thè dal colore rossastro e dal sapore aspro.
Farina ricavata dalla soia
Anche in Asia orientale sono in uso alcuni tipi di farina particolari come quella di semi d’uva che permettono di non sprecare gli alimenti. Una di queste è quella ottenuta dalla polpa della soia. Nello specifico, questo genere di farine particolari è realizzato con i residui filtrati dalla spremitura dei semi di soia. Solitamente, questi ultimi sono utilizzati per produrre latte di soia e tofu.
Prima dell’invenzione della farina di Okara, il residuo ottenuto dalla spremitura dei semi di soia era dato in pasto al bestiame. In alternativa, si poteva utilizzare per cucinare un piatto giapponese chiamato unohana, il quale era composto da frittura di polpa di soia e verdure. Il riutilizzo della polpa della soia è importante anche per via dell’aumento delle coltivazioni di soia.
L’interesse verso la farina di semi d’uva
Spesso, molti tipi di farina particolari come quella di semi d’uva hanno un sapore inusuale che rende altrettanto speciali le ricette che si preparano con questi ingredienti. In questo modo, è possibile esplorare nuove frontiere del gusto e sperimentare nuovi accostamenti di sapori. L’aspetto più importante, tuttavia, è che si riduce lo spreco alimentare.