La crisi climatica sposta gli ecosistemi, già 30 gli ambienti sconvolti
La crisi climatica, in gran parte alimentata dall’uomo e dalle sue attività, è la causa di cambiamenti negli ecosistemi dal peso significativo. Uno studio pubblicato in Global Change Biology ha tracciato un quadro sulla questione e i dati sono apparsi allarmanti. Le prospettive future sono, purtroppo, ancora meno incoraggianti e ora intervenire sulle emissioni è nell’interesse di tutta l’umanità.
Lo studio sui cambiamenti negli ecosistemi
Uno studio della Wildlife Conservation Society ha mostrato quanto il riscaldamento globale stia inducendo profondi cambiamenti negli ecosistemi. I ricercatori hanno condotto le proprie ricerche sulle 45 “life zones” in cui è possibile suddividere il pianeta. Il sistema a life zones è una classificazione dei biomi terrestri, introdotto per la prima volta nel 1947 da Leslie Holdridge. Una life zone implica dunque una serie di paesaggi che condividono varie caratteristiche, fra cui latitudine, umidità e temperatura. Basandosi su dati storici e proiezioni future gli scienziati hanno esaminato un periodo di circa 180 anni. Hanno così tracciato un modello sulle variazioni già avvenute, quelle in atto e quelle destinate a verificarsi.
Cambiamenti negli ecosistemi
La crisi climatica ha già causato grandi cambiamenti negli ecosistemi. Tra inizio ‘900 e oggi sono avvenuti mutamenti su 27 milioni di km2, ovvero nel 18.3% della superficie terrestre, e 30 ambienti sono stati sconvolti. I confini tra le life zones si sono spostati e, mentre le aree con clima equatoriale si sono espanse, quelle temperate vanno restringendosi. A preoccupare è ora il futuro delle zone polari e subpolari e in particolare il destino della tundra. I paesaggi tropicali sembrano invece destinati a prosperare e a estendersi. Le proiezioni non possono, per altro, che riflettere una sottostima, poiché alcuni fattori contingenti non possono essere valutati nei modelli.
Intervenire per gli ecosistemi
Lo studio sui cambiamenti negli ecosistemi non può che generare allarme. Se le emissioni dovessero continuare al ritmo attuale in futuro l’impatto del cambiamento climatico potrebbe triplicare. A essere sconvolti sarebbero, dunque, altri 62 milioni di km2 di territori, per un territorio corrsipondente al 42.6% della superficie del pianeta. Gli autori della ricerca hanno affermato che il loro lavoro deve essere, dunque, considerato come una risorsa. Esso può infatti aiutare i governi a indirizzare i fondi, spesso limitati verso le zone più a rischio. Azioni mirate non possono, comunque, prendere il posto di un serio impegno internazionale nella lotta alla crisi climatica. Ulteriori mutamenti negli ecosistemi danneggerebbero profondamente anche le attività umane e ciò dovrebbe fungere da ulteriore motivazione.
Il riscaldamento globale si sta dimostrando devastante per ambiente, animali e umanità e ignorare la situazione non è più possibile. Gli scenari sui potenziali futuri cambiamenti negli ecosistemi preoccupano gli scienziati e ormai, seppur da non esperti, l’indifferenza è un lusso che non possiamo permetterci. Rimetterli al loro posto appare però, ora, un’impresa ben più titanica.
