Un farmaco per l'asma aiuterebbe a proteggere contro l’ingestione accidentale chi è soggetto ad allergia alle arachidi in un nuovo test.
Il farmaco Omalizumab destinato al trattamento dell’asma potrebbe avere anche altre proprietà utili nel trattamento di chi è soggetto ad allergia alle arachidi, aiutando a proteggere contro la pericolosa ingestione accidentale. È quanto emerge da un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Stanford negli Stati Uniti e pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine. Nello studio effettuato su 3 adulti e 177 bambini tra i 3 e i 17 anni gravemente allergici alle arachidi, l’assunzione del farmaco ha mostrato un incremento della tolleranza all’ingestione di arachidi nel 67% dei casi.
Allergia alle arachidi: perché l’ingestione accidentale è pericolosa?
Chi è consapevole di essere allergico a un alimento è spesso ben attento a evitarlo, tuttavia nonostante gli sforzi per evitare il contatto con l’allergene possono verificarsi situazioni in cui l’esposizione accidentale è inevitabile. Errori nell’etichettatura, contaminazioni incrociate di alimenti o anche un ristoratore disattento possono causare esposizione accidentale con rischi gravi per chi è allergico. Per i più allergici l’esposizione anche a una piccola quantità di allergene può causare reazioni anafilattiche che, nei casi più gravi, possono mettere a rischio la vita.
Un nuovo vecchio farmaco contro l’allergia alle arachidi
L'Omalizumab, il farmaco utilizzato nei test, è commercialmente conosciuto anche come Xolair, non è un farmaco nuovo: la FDA, l’ente statunitense preposto al controllo dei farmaci, lo ha approvato per il trattamento dell'asma nel 2003 e in seguito anche per il trattamento di orticaria cronica e polipi nasali. Come spiegano i ricercatori, si tratta di un anticorpo monoclonale progettato per attaccare un tipo specifico di anticorpo umano noto come IgE. Come altri anticorpi, l'IgE è prodotto dalle cellule immunitarie quando il corpo percepisce una specifica proteina come una minaccia. Quando questa proteina è un allergene, l’IgE causa una infiammazione non necessaria che può portare a uno shock anafilattico.
Nello studio riportato sul New England Journal of Medicine, dopo 4 mesi di trattamento il farmaco ha dato risultati positivi nel 67% dei casi, aumentando la resistenza delle persone allergiche che sono state in grado di ingerire l’equivalente di 2-3 noccioli di arachide senza causare una reazione allergica significativa. Il farmaco è sembrato altrettanto efficace nell’aumentare la tolleranza ad altri alimenti a cui i partecipanti erano allergici come anacardi, latte e uova.
Limitazioni e rischi del nuovo farmaco contro l’allergia alle arachidi?
Per il trattamento dell’allergia alle arachidi nel 2020 la FDA ha approvato per i bambini sopra i 4 anni un altro trattamento con una polvere di proteine nota come Palforzia. Questa polvere consente al sistema immunitario di sviluppare nel tempo, fino a 6 mesi, una tolleranza alle arachidi. A differenza di questo trattamento, spiegano i ricercatori, il farmaco testato (Omalizuamab) sarebbe in grado di agire immediatamente ed è stato dichiarato sicuro anche per bambini fino a un anno. Inoltre, proprio perché si tratta di un anticorpo monoclonale, in teoria dovrebbe funzionare altrettanto efficacemente per qualsiasi tipo di allergia alimentare.
Dallo studio, non sono emersi effetti collaterali associati all’assunzione di Omalizumab anche se l’abbassare l’efficacia degli anticorpi potrebbe ridurre le difese immunitarie naturali ed esporre ad altri rischi. Il limite del farmaco, spiegano ancora i ricercatori, è che non elimina di fatto le allergie ma semplicemente eleva la soglia di tolleranza, incrementando la quantità di allergene che una persona può assumere prima di scatenare una reazione anafilattica.
Servono ulteriori ricerche sul farmaco contro le allergie alimentari
Trattandosi di un test preliminare, sulla reale efficacia del farmaco contro l’allergia alle arachidi rimangono ancora molte domande senza risposta: «Per quanto tempo i pazienti devono assumere questo farmaco? Abbiamo cambiato in modo permanente il sistema immunitario? Quali fattori prevedono quali persone avranno la risposta più forte?» si domandano i ricercatori in una nota rilasciata dall’Università di Stanford.
Inoltre, sebbene il trattamento aumenti la quantità di cibo necessaria per scatenare una reazione allergica ancora non è chiaro se possa anche ridurre la gravità di una reazione nel caso una persona superasse comunque la soglia.
Tra le altre questioni irrisolte anche il perché i risultati si siano mostrati così ampiamente differenti da individuo a individuo: al termine dello studio infatti ben il 14% dei partecipanti non erano ancora in grado di consumare nemmeno una frazione di una nocciolina senza mostrare una reazione allergica.
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