Secondo uno studio il telo per pacciamatura in plastica biodegradabile si degrada nel terreno molto più lentamente del previsto.
Il telo in plastica biodegradabile utilizzato per la pacciamatura in agricoltura, negli orti e nei giardini persisterebbe nel suolo molto più a lungo del previsto finendo per inquinare e contaminare i terreni. A rivelarlo uno studio scientifico condotto dall’Università di Wageningen nei Paesi Bassi che ha contraddetto quanto sostenuto dagli standard dell’industria. La ricerca, commissionata dalla fondazione ambientalista olandese Plastic Soup Foundation, sostiene di aver messo in luce dubbi sulle credenziali di biodegradabilità dei teli per pacciamatura.
Teli per pacciamatura in plastica biodegradabili: cosa sono e a cosa servono
La pacciamatura è una pratica agricola che consiste nel depositare uno strato di materiale sul terreno attorno alle piante. Solitamente questa pratica aiuta a preservare l’umidità del suolo riducendo la necessità di irrigazione, facilitando il controllo delle erbacce e mantenendo più stabile la temperatura del terreno, preservando così le radici dagli sbalzi di temperatura e consentendo rese più elevate.
Tradizionalmente la pacciamatura era realizzata con materiali naturali come paglia, foglie secche e tessuti. Oggi i teli per pacciamatura in plastica biodegradabile sono tipicamente realizzati con materiali bioplastici come amido di mais, acido polilattico (PLA) o altri polimeri da fonti vegetali. La loro facilità di utilizzo è legata alla promessa che si biodegradino rapidamente nel terreno.
Quanto inquinano i teli per pacciamatura in plastica?
I ricercatori olandesi hanno esaminato campioni di terreno prelevati da fossi attorno a campi di 16 aziende agricole legate alla produzione di fiori distribuite tra Spagna e Paesi Bassi. I risultati hanno rivelato la presenza di circa 3.000 frammenti di microplastica per grammo di sedimento, indicando così un elevato accumulo di microplastiche nell’ambiente agricolo.
Nei campioni testati i ricercatori hanno identificato la presenza di 48 diversi tipi di microplastiche di cui circa il 60% originato da plastica tradizionale di origine fossile e circa il 40% invece da plastica di origine biologica, teoricamente considerata biodegradabile. Secondo gli studiosi, il principale colpevole dell’inquinamento da microplastica in agricoltura sarebbe proprio l’utilizzo predominante di teli di plastica per la pacciamatura.
Come avviene l’inquinamento dei teli per pacciamatura?
I teli per pacciamatura in plastica, sia biodegradabile sia non, vengono rimossi dopo l’uso ma tendono a lasciare residui e depositi a seguito dell’esposizione agli agenti atmosferici. Le particelle di microplastica risultanti vengono trasportate dalle acque, accumulandosi nei letti di fossi e canali da dove rischiano di spostarsi ulteriormente in falde acquifere, fiumi e sino al mare, entrando così nella catena alimentare.
Nonostante lo standard internazionale indichi che almeno il 90% dei teli in plastica biodegradabile dovrebbe decomporsi in condizioni naturali entro 2 anni, i ricercatori hanno individuato particelle di materiale «biodegradabile» ampiamente utilizzato circa 20 anni fa. Questo perché le particelle microplastiche si spostano dai terreni accumulandosi invece nei sedimenti, dove non si degradano più.
Secondo gli scienziati olandesi sono necessarie ulteriori ricerche per approfondire il comportamento reale delle bioplastiche non solo in laboratorio, ma nell’ambiente. Nel frattempo gli ambientalisti della Plastic Soup Foundation raccomandano l’utilizzo di alternative ai teli di plastica, inclusa quella biodegradabile, come carta per pacciamatura o scarti della produzione agricola.