La plastica non limita lo spreco alimentare
Lo studio di Wrap sulla relazione tra packaging in plastica monouso e spreco alimentare ha avuto una durata di 18 mesi ed è stato condotto nel Regno Unito. Durante questo intervallo di tempo, l’organizzazione si è concentrata su alcuni prodotti in particolare, ovvero mele, patate, banane, broccoli e cetrioli. I prodotti sono stati analizzati sia confezionati nel packaging originale, sia sfusi, e conservati a diverse temperature.
L’organizzazione ha calcolato che se questi beni fossero venduti sfusi e se la data di scadenza fosse rimossa, potrebbero essere salvate dal cestino circa 100mila tonnellate di cibo, l’equivalente di 14 milioni di cestini per la spesa, e tagliate più di 10.300 tonnellate di plastica ogni anno.
Giudizio personale vs. data di scadenza
Ma come mai il packaging di plastica contribuisce a incrementare lo spreco alimentare anziché ridurlo? La risposta è che spesso prendiamo troppo alla lettera le informazioni riportate sulle confezioni. In particolare, quelle su data di scadenza e termine minimo di conservazione. Scegliendo il cibo sfuso, invece, i consumatori si affidano più al proprio giudizio personale (e magari a gusto e olfatto) per valutare se un prodotto è andato a male piuttosto che alle indicazioni fornite dai pacchetti. Lo studio di Wrap dice che una persona su 10 nel Regno Unito butta via beni alimentari ancora buoni basandosi sulla data di scadenza.
Preferendo i prodotti sfusi, inoltre, le persone fanno la spesa con più buon senso, limitando le quantità di prodotti acquistati. Al contrario, preferendo gli alimenti confezionati, si tende a mettere nel carrello più pezzi, nella convinzione che resisteranno a lungo. E, di conseguenza, si rischia di sprecare di più.
Lo spreco alimentare in Italia
Secondo il rapporto 2022 di Waste Watcher sullo spreco alimentare, in media ogni italiano spreca oltre mezzo chilo di cibo, ben 595 grammi, ogni settimana. Una cifra che ammonta a quasi 31 kg all’anno. Le stime dicono che il valore dello spreco alimentare in Italia ammonta a qualcosa come 7,4 miliardi di euro.
Una cifra che prende in considerazione solamente lo spreco “casalingo”, pari a circa 1,9 milioni di tonnellate di alimenti. Se si prende in considerazione anche lo spreco dell’intera filiera alimentare dal campo fino agli scaffali, la cifra sale a 5,2 milioni di tonnellate per un costo pari a 10,5 miliardi di euro.