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Natto giapponese, lo sconosciuto superfood fermentato

Natto giapponese, lo sconosciuto superfood fermentato

Tra i superfood fermentati il natto è sicuramente uno dei meno conosciuti: questa specialità giapponese dall’odore pungente ha tutte le carte in regola per conquistare i piatti occidentali.

L’aspetto del natto giapponese può non essere dei migliori, ma le sue proprietà lo rendono un superfood fermentato unico nel suo genere. Come del resto è unico anche l’odore, inconfondibile, pungente, di quelli che o si amano o si odiano. La sua preparazione è relativamente semplice, non sono altro che germogli di soia fermentati, che nel tempo - e la giusta cultura di batteri - sviluppano dei filamenti tipici di questo piatto. Non avete già l’acquolina in bocca?

Cos’è il natto

Cerchiamo di capire innanzitutto cosa sia esattamente il natto. Nella cultura gastronomica orientale la carne è molto rara, al punto che molto spesso le proteine vengono integrate nella dieta locale attraverso fonti vegetali, una su tutte la soia. Una volta giunti a maturazione i baccelli di questa pianta si schiudono liberando dei semi che ricordano i nostri fagioli, impiegati in oriente per molti piatti diversi. Uno di questi è proprio il natto, che richiede la fermentazione della soia con una cultura più o meno selezionata di batteri, in grado di allungare notevolmente la conservabilità del legume.

Storicamente per ottenere questo particolare effetto i contadini creavano un contenitore improvvisato con della paglia di riso e vi lasciavano fermentare all’interno della soia bollita, conservando il tutto in un luogo caldo e umido. Un effetto aggiuntivo di questa fermentazione è la formazione di particolari filamenti, un fenomeno tipicamente legato al natto, caratterizzati da una consistenza collosa. La cosa interessante è che la lunghezza di questi filamenti è sinonimo di qualità del piatto e possono arrivare fino ai 6 metri di lunghezza.

Proprietà del superfood fermentato

Nonostante aspetto e odore siano estremamente lontani dai tipici piatti occidentali, la riscoperta passione per i cibi fermentati ha fatto sì che questo sconosciuto superfood si aprisse la strada anche in culture gastronomiche diverse dall’originale.

Uno dei motivi è proprio il profilo nutrizionale, che durante il processo di fermentazione si arricchisce di vitamine del gruppo B, assieme ad una buona quantità di sali minerali come calcio, ferro e potassio.

Il natto è anche ricco di enzimi che si sono rivelati utili alla digestione, ma la scoperta più interessante è legata ad un composto unico nel suo genere, la nattochinasi. Si tratta di un altro enzima che, secondo i primi studi, sarebbe in grado di sciogliere i coaguli nel sangue.

Come si mangia il natto

Per i più coraggiosi che volessero provarlo, questo alimento tradizionale si trova quasi esclusivamente nei negozi specializzati. Una volta acquistato - a volte è ancora venduto all’interno di un particolare contenitore fatto con paglia di riso - lo si può consumare da solo, come è solito fare in Giappone per colazione. In alternativa lo si può accompagnare con del riso bollito semplice, magari assieme ad una mostarda piccante.

In caso la consistenza fosse un problema si consiglia di mescolarlo alla pasta, quasi fosse un sugo. Il sapore forte e pungente sarà stemperato e la parte filamentosa della ricetta finirà per unirsi alla pasta fino a formare una sorta di sugo. Ultimamente sembra che sul mercato si possano anche trovare versioni inodori della preparazione tipica, ma è quasi un peccato non provare almeno una volta il natto originale.


REDAZIONE
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Raccontare e spiegare cibo, sostenibilità, natura e salute. Un obiettivo più facile a dirsi che a farsi, ma nella redazione di inNaturale non sono queste le sfide che scoraggiano. Siamo un gruppo di giovani affiatati in cerca del servizio perfetto, pronti a raccontarvi le ultime novità e le storie più particolari.

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