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L'idrogeno è il futuro dei veicoli a zero emissioni?

L'idrogeno è il futuro dei veicoli a zero emissioni?

Tutti parlano dell’elettrico ma può essere invece che sia l'idrogeno il futuro dei veicoli a zero emissioni? La risposta richiede di chiarire alcuni aspetti.

Prima di capire se l’idrogeno possa essere o meno il futuro dei veicoli a zero emissioni è bene sapere che non tutto l’idrogeno è uguale. O meglio, inteso come combustibile sì, ma non nelle modalità con cui viene sfruttato per creare forza motrice, che sono diverse e presentano particolari pregi e difetti.

Come funzionano le auto a idrogeno a zero emissioni

L’idrogeno è, letteralmente, l’elemento più abbondante nell’universo. Ottenerlo - o estrarlo - per esempio dall’acqua, non è particolarmente complesso. Detto così sembra il combustibile perfetto, tuttavia, purtroppo esistono alcune complicazioni che ne hanno limitato, finora, la diffusione nei veicoli a zero emissioni. In primo luogo è bene chiarire che esistono due tipologie di motori a idrogeno: una in cui viene utilizzato al posto di benzina e gasolio per attuare la combustione interna, parlando così di HICEV (Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle); e un’altro in cui si fa reagire con l’ossigeno per produrre energia elettrica, chiamato FCEV (Fuel Cell Electric Vehicle).

Il problema principale, a dispetto del tipo di propulsore, risulta quello nello stoccaggio. I modi per immagazzinare l’idrogeno sono diversi e presentano ognuno vantaggi e svantaggi: si passa dal comprimerlo in serbatoi; all’immagazzinamento come gas liquefatto; allo stoccaggio come elemento parte di altri composti, come gli idruri metallici o il metanolo; ai nanotubi di carbonio. La soluzione ha serbatoi è piuttosto semplice anche se, specialmente in passato comportava alcuni problemi di sicurezza dovuti all’alta infiammabilità del gas. Quella che si avvale di gas liquefatto riduce i volumi ma necessita il mantenimento di temperature nell’ordine dei - 250 °C. I sistemi che prevedono l’utilizzo di composti non risultano ancora del tutto ottimizzati, comportando un’efficienza in termini economici e di autonomia non ancora ottimali. I nanotubi risultano l’opzione più futuristica, che richiede anch’essa bassissime temperature, complicati processi produttivi e una funzionalità ancora da verificare.

Che si tratti di FCEV, come nel caso di Toyota Mirai, che di HICEV come nel caso di BMW Hydrogen 7 (in produzione fino al 2008), la soluzione di stoccaggio utilizzata è quella dei serbatoi sotto pressione, opportunamente rinforzati e monitorati dalla vettura per renderli sicuri. Dire se l’idrogeno sarà il futuro dei veicoli elettrici è ancora difficile, dati i limiti tecnologici e infrastrutturali ancora presenti. Quello che è prevedibile è che qualunque sia il sistema propulsivo adottato è molto probabile che l’idrogeno avrà un ruolo nel processo, in qualità di vettore energetico. Probabile ma non certo, considerando anche le possibilità che ci riserva il futuro e gli attuali investimenti in ambito elettrico.

Sicuramente l’idea è accattivante considerando che, esclusi i costi - anche ambientali - di produzione della sostanza, utilizzare l’idrogeno puro come combustibile comporta come scarto semplice acqua.


Fabrizio Inverardi
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Chitarrista, motociclista, da sempre appassionato di scienza, tecnica e natura. Sono laureato in Psicologia del Lavoro e della Comunicazione. Curioso per natura amo i viaggi, il buon vino e scoprire cose nuove. Da qualche anno nel settore del marketing digitale e della comunicazione.
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Chitarrista, motociclista, da sempre appassionato di scienza, tecnica e natura. Sono laureato in Psicologia del Lavoro e della Comunicazione. Curioso per natura amo i viaggi, il buon vino e scoprire cose nuove. Da qualche anno nel settore del marketing digitale e della comunicazione.
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