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Ecosistemi al collasso in un quinto dei Paesi. A rischio metà del Pil mondiale

Ecosistemi al collasso in un quinto dei Paesi. A rischio metà del Pil mondiale

I "servizi" naturali forniti dai territori sono in pericolo. Una classifica indica chi sta peggio: l'Italia occupa il sesto posto tra i Paesi del G20

Un quinto dei Paesi del nostro pianeta intravedono il rischio di un collasso dei loro ecosistemi. A lanciare l’avvertimento è un’analisi della compagnia assicurativa svizzera Swiss Re. All’origine di questo tracollo ci sono le attività umane e il loro impatto su fauna e flora e i loro habitat. Un’azione negativa che potrebbe ulteriormente distruggere quei già danneggiati “servizi” offerti dalla natura, ad esempio il rifornimento di cibo e acqua pulita, ma anche la protezione dalle alluvioni. A queste funzioni è legato oltre metà del PIL mondiale: oltre 42 bilioni di dollari sono a rischio.

Ecosistemi rischio economia

I dettagli dell'analisi

L’azienda svizzera ha costruito un indice formato da dieci di questi servizi fondamentali individuati da un gruppo di scienziati. Successivamente, attraverso l’analisi dei dati, è stato mappato lo stato delle funzioni individuati in un’area di un chilometro quadrato nei singoli Paesi. Oltre alla disponibilità di cibo e acqua, sono state incluse la disponibilità di legname, di suolo fertile, l’impollinazione, il controllo dell’erosione, la protezione delle coste e altre misure di protezione degli habitat. I Paesi che presentavano oltre il 30 percento del territorio in condizione di fragilità sono stati considerati a rischio di collasso. Nel bilancio finale dell’analisi solo in una nazione su sette sono stati scoperti ecosistemi con un grado di integrità superiore al 30 percento della loro estensione territoriale.

I bocciati

Tra i Paesi bocciati ci sono molte potenze economiche del G20. Australia, Sud Africa e India guidano la classifica. Cina e Stati Uniti occupano rispettivamente la settima e la nona posizione. Ma nella top ten c’è anche l’Italia, piazzatasi al sesto posto di questa poco allegra lista. Nella graduatoria sono segnalati per le loro specifiche criticità anche Paesi con ecosistemi fragili e grandi settori agricoli, come Pakistan e Nigeria, e realtà come Brasile e Indonesia, che conservano ancora ampi ecosistemi integri, ma che presentano una forte dipendenza dalle risorse naturali. Un legame che, indica Swiss Re, rende ancora più urgente proteggere questi luoghi.

Se il declino dei servizi dell’ecosistema prosegue in questi Paesi a rischi, la scarsità di risorse aumenterà sempre di più fino a raggiungere il punto di non ritorno”, ha avvertito Oliver Schelske, coordinatore della ricerca. “Questo è il primo indice che mette insieme indicatori riguardanti la biodiversità e gli ecosistemi per fare dei confronti tra le aree del mondo e poi ricollegarsi alle specifiche economie dei singoli Paesi”, ha spiegato invece Jeffrey Bohn, Ceo della compagnia assicurativa.

Uno strumento utile anche per aziende e governi

L’indice, infatti, non vuole essere solo uno strumento che aiuti gli assicuratori a valutare i rischi degli ecosistemi quando si tratta di siglare contratti con le aziende. Bohn ha precisato che potrebbe avere un uso più ampio come aiutare “le società e i governi a considerare la biodiversità e gli ecosistemi nel prendere le decisioni materia economica”.


REDAZIONE
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Raccontare e spiegare cibo, sostenibilità, natura e salute. Un obiettivo più facile a dirsi che a farsi, ma nella redazione di inNaturale non sono queste le sfide che scoraggiano. Siamo un gruppo di giovani affiatati in cerca del servizio perfetto, pronti a raccontarvi le ultime novità e le storie più particolari.

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