L'indipendenza dall'Urss e la guerra con gli armeni
Il Nakhchivan è un’exclave, un territorio staccato dallo Stato di appartenenza. Non ha sbocchi sul mare e oggi ci vivono circa 450mila persone. Ex Repubblica dell’Unione Sovietica, è situato tra Iran, Turchia e Armenia. Proprio una striscia di suolo armeno, tra gli 80 e 130 chilometri di larghezza, lo divide dall’Azerbaigian.
La stessa striscia su cui si è consumata la guerra che ha spinto la regione a puntare sulle proprie forze. Il Nakhchivan è stato il primo territorio ad autoproclamare l’indipendenza dall’Urss ormai in via di dissoluzione, nel 1988.
Gli anni successivi furono caratterizzati dallo scontro armato tra fazioni armene sostenute dall’Armenia stessa e l’Azerbaigian. Il conflitto causò almeno 30mila morti e si fermò solo con il cessate il fuoco del 1994. Ma le tensioni rimangono tutt’oggi.
La sfida dell'autosufficienza
Poco dopo l’auto-proclamazione d’indipendenza, la maggioranza armena che aveva il controllo dell’area tra il Nakhchivan e l’Azerbaigian tagliò tutti i collegamenti stradali e ferroviari tra la Repubblica e il resto dell’Urss. Solo due ponti sul fiume Aras, al confine con Turchia e Iran, evitarono che la popolazione del Nakhchivan morisse di fame e il collasso totale.
Questa crisi spinse la Repubblica a lavorare per rompere la dipendenza dalle importazioni. La gente locale iniziò a mettere in piedi coltivazioni e a produrre in maniera autonoma i beni di prima necessità.
Dalla fine delle ostilità, la Repubblica autonoma è diventata un esempio di autosufficienza nazionale e sostenibilità. Ma, allo stesso tempo, si è rafforzato il regime autoritario corrotto che controlla il dissenso con la forza e con la compiacenza del governo centrale azero.
Un modello con pesanti ombre
Il contrasto tra modello virtuoso e governo anti-democratico rende difficile decifrare il fenomeno Nakhchivan, come sottolinea David McArdle in un reportage per la Bbc. Da una parte, la necessità di far leva solo sulle proprie risorse ha avuto riflessi importanti in chiave ambientale ed ecologica.
Un esempio su tutti sono le produzioni agricole: oltre ad essere a chilometro zero e Ogm-free, i terreni vengono coltivati senza l’utilizzo di pesticidi e in maniera completamente organica. Ogni cosa che finisce sulle tavola è made in Nakhchivan, perfino il sale di cui sono ricche le sue grotte. Dall’altra, dietro la grande cura delle infrastrutture e del territorio, si intravede il controllo asfissiante della popolazione di eredità sovietica.
Per il rapporto elaborato nel 2009 dal Norwegian Helsinki Committee, ong che promuove la difesa dei diritti umani, strade, piazze e aree verdi presentano livelli di igiene e ordine elevati a causa di una forma di volontariato forzato: i dipendenti pubblici (come insegnanti, soldati, medici e impiegati governativi) sono incoraggiati a dare il loro contributo nei loro giorni liberi; se si rifiutano, possono perdere il lavoro. Qualcosa di simile è richiesto anche al resto della popolazione, invitata a piantare alberi per riforestare le zone boschive o a pulire le strade fuori dall’orario di lavoro, sempre senza retribuzione.