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Biodiversità: solo il 14% dei fiumi non ha subito l’impatto dell’uomo

Biodiversità: solo il 14% dei fiumi non ha subito l’impatto dell’uomo

Il problema è grave: nei corsi d’acqua vivono 17mila pesci, un quarto di tutti i vertebrati esistenti. In Europa e Nord America la situazione peggiore

Sono rimasti pochi i fiumi a non aver risentito dell’impatto dell’uomo. Secondo un recente studio pubblicato su Science, solo il 14 percento dei corsi d’acqua del mondo sono stati risparmiati da fenomeni come inquinamento e pesca intensiva. Le conseguenze sulla biodiversità rischiano di essere gravi: nonostante occupino meno del 1 percento della superficie del pianeta, i fiumi sono gli habitat di ben 17mila pesci, un quarto di tutti gli esseri vertebrati.

Solo il 14% dei fiumi mondiali non ha subito l’impatto dell’uomo e rimangono ospitali per i pesci che li abitano

Lo studio

Si tratta di ecosistemi fondamentali per molti aspetti. In primo luogo, sono fonte di cibo e acqua pulita per milioni di persone. La ricerca guidata dal ricercatore Sébastien Brosse dell’Università Paul Sabatier di Tolosa (Francia), ne ha presi in esame quasi 2.500 in tutto il mondo, classificandosi come uno dei lavori più esaustivi mai realizzati. Dalla lista sono rimasti esclusi quelli delle regioni polari e i deserti. Mentre i precedenti studi si erano concentrati solo sul numero di specie ospitate, in questa nuova analisi sono stati analizzati anche i ruoli ecologici di ogni specie, le relazioni tra specie diverse e i cambiamenti della biodiversità registrati negli ultimi 200 anni.

Male Europa e Nord America

I risultati hanno dimostrato che le aree messe peggio sono quelle più sviluppate, in particolare Europa Occidentale e Nord America. Tra i fiumi osservati speciali ci sono il Tamigi nel Regno Unito, che ha ricevuto il punteggio più negativo (12/12) e il Mississippi negli Stati Uniti. La concentrazione della popolazione lungo le loro sponde ha contribuito a peggiorare le loro condizioni di salute.

Brosse ha spiegato al Guardian che i corsi d’acqua nelle nazioni più ricche sono irriconoscibili se confrontati con la situazione antecedente alla rivoluzione industriale: All’epoca c’erano storioni lunghi più di due metri, migliaia di salmoni e molti altri pesci che sono scomparsi oggi. La situazione si è rivelata negativa nonostante alcuni progressi registrati di recente: “C’è stato un miglioramento nella qualità dell’acqua nei fiumi dell’Europa Occidentale e del Nord America negli ultimi decenni, ma non sono certo che la velocità del cambiamenti sia sufficiente, in quanto si è verificato un declino veramente pesante delle popolazioni di pesci”.

La diffusione di specie aliene

Alcune cause le abbiamo già citate. Oltre a inquinamento e pesca intensiva, incidono anche la costruzione di dighe, la pesca intensiva, la contaminazione chimica derivante dall’irrigazione agricola e l’aumento delle temperature provocato dai cambiamenti climatici. Un fenomeno preoccupante riguarda la crescita delle specie aliene. “In Europa Occidentale si possono trovare salmoni e pesci gatti nordamericani, in particolare il black bullhead, carpe e i pesci rossi asiatici, così come la gambisia”, ha aggiunto Brosse.

I pesci esotici si sono diffusi e adattati alle acque dolci di tutto il pianeta e stanno crescendo numericamente. Di questo passo, le popolazioni ittiche dei fiumi diventeranno sempre più omogenee e, di conseguenza, avranno più difficoltà ad affrontare i cambiamenti dell’ambiente, a partire dal surriscaldamento globale.

Necessario tutelare la biodiversità

Nemmeno i dati migliori registrati dallo studio nei fiumi in Australia e in Africa fanno dormire sonni tranquilli. “Questi bacini meno problematici non ospitano un numero abbastanza alto di specie per mantenere la diversità globale di pesci”, ha avvertito il ricercatore, ricordando che ospitano solo il 22 percento della fauna mondiale. Per questo, dobbiamo conservare la biodiversità anche negli altri bacini più danneggiati dall’uomo.


Marco Rizza
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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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Giornalista, ex studente della Scuola di Giornalismo Walter Tobagi. Osservatore attento (e preoccupato) delle questioni ambientali e cacciatore curioso di innovazioni che puntano a risolverle o attenuarne l'impatto. Seguo soprattutto i temi legati all'economia circolare, alla mobilità green, al turismo sostenibile e al mondo food

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