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Vero o falso: la scienza di Gravity

Vero o falso: la scienza di Gravity

Quando finisce il film, si può riprendere a respirare normalmente. La tensione è stata terribile: ben studiata e pervasiva, da restare davvero col fiato sospeso. Però ne è valsa la pena. Sarà per questo che Gravity, film del 2013 diretto da Cuaròn e vincitore di sette premi Oscar, è considerato uno dei film di successo degli ultimi tempi. Soprattutto per gli effetti visivi: un vero tripudio di bellezza ed elogio della nostra Terra. Un dramma in continua evoluzione che si placa solo ai titoli di coda. Agli spettatori più attenti - e forse non solo quelli - tuttavia sarà sorto un dubbio: se poteva effettivamente accadere tutto ciò che George Clooney e Sandra Bullock, i protagonisti del film, hanno dovuto passare in quell'ora e mezza di adrenalina pura.

Il punto di forza di tutto il film è, ancora una volta, l'assenza di esperienza diretta dello spazio profondo. Non è alla portata di tutti, pochi eletti possono dire «ho provato a camminare nello spazio». Dunque, la maggior parte delle volte, proprio perché il pubblico non ha idea di cosa significhi, crede a quello che vede. Per fortuna che per noi poveri terrestri ci pensano alcuni astronauti e scienziati a dare il “giusto peso” a Gravity. In tutti i sensi.

Da qui in poi piccoli spoiler

Rifiuti pericolosi

L'inizio del film, girato in un lungo piano sequenza, ci mostra il gruppo di astronauti in orbita attorno alla Terra intento a riparare il telescopio spaziale Hubble, tra cui l'astronauta veterano - forse sconsiderato - Clooney e la novizia Bullock. Ma all'improvviso arriva uno sciame di detriti che distrugge shuttle e telescopio, dando inizio al susseguirsi di eventi. L'arrivo dei relitti è una cosa probabile ma evitabile: per questo sono costantemente monitorati e, qualora si verifichi una situazione simile, si cambia l'orbita della stazione per evitarli. Senza poi considerare che nella realtà questi rottami viaggiano a velocità di diversi chilometri al secondo; di fatto non si potrebbero nemmeno vedere arrivare.

Orbite e jetpack spaziali

«Il problema è che, a rigor di fisica, il film dovrebbe finire qui. Distrutto lo Shuttle dai detriti, non tornerebbe a casa nessuno, ovviamente. Seguirebbe, al massimo, un triste messaggio del Presidente alla nazione». Lo dice Giovanni Bignami, presidente dell’Inaf (Istituto nazionale di Astrofisica). In altre parole, da qui in poi iniziano le licenze che la pellicola si prende sulla scienza. Il capitano, che dotato di un jetpack, salva Bullock e insieme decidono, con i getti di stabilizzazione, di andare alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS). È di fatto impossibile.

Lo spiega chiaramente Samantha Cristoforetti, prima donna italiana negli equipaggi dell'Agenzia Spaziale Europea: «volare dalla sonda Hubble fino all'ISS con un jetpack? Andiamo. Essi sono in due orbite completamente diverse: per altitudine, velocità orbitali, piani differenti. E avrebbero bisogno di molta benzina. In ogni caso, cose non adatte per un piccolo jetpack».

E, ammettendo che sia possibile avere anche la stessa velocità per raggiungere una di queste stazioni, bisogna sperare di trovarsi nel posto giusto. L’astronomo Phil Plait chiarisce: «la velocità orbitale dipende dall’altitudine, perché gli oggetti a differenti altezze si muovono a velocità ampiamente diverse tra loro […]. Le orbite possono essere anche inclinate tra l’una e l’altra, rendendo ancora più difficile trovare la giusta direzione».

Clooney e un problema «gravoso»

Orbite e velocità. Elemento comune: la gravità. E uno dei momenti più criticati dalla comunità scientifica è proprio nel quale la gravità è «protagonista»: Clooney deve sganciarsi dal cavo che lo unisce alla sua compagna Bullock per poterla salvare, scomparendo nell'oscurità. «Era certamente di grande impatto emotivo, ma in realtà non molto sarebbe accaduto. Sarebbe rimasto soltanto lì a fluttuare», chiarisce Astrosamantha. Questo perché in quel momento, nello spazio, i due astronauti non sono in movimento. La loro velocità relativa è pari a zero: non stanno andando da nessuna parte. Essi sono immobili uno rispetto all’altra. Se dovessero sganciare il cavo, resterebbero dove sono.

Questo è possibile perché in realtà i due personaggi stanno cadendo. Nello spazio, l'assenza di peso in realtà è l'attrazione della gravità terrestre che ci chiama verso di sé. È inevitabile cadere, ma si può prolungare il momento dell'impatto mettendosi “in orbita”, ovvero in una traiettoria che dipana l'intensità dell'attrazione. È lo stesso effetto, anche se per pochi minuti, quando ci si paracaduta da un aereo. Tornando a Clooney, egli sarebbe rimasto fermo perché in realtà sta – lentamente – cadendo. È contro-intuitivo ma è la scienza, bellezza.

Non tutto va in frantumi

Per fortuna Gravity ha anche alcune cose che si salvano; non come le due stazioni spaziali distrutte dalla protagonista per tornare sulla Terra. Parola di Cristoforetti: «la ricostruzione delle strutture spaziali (ISS, Hubble) sono state riprodotte con molta attenzione, fino alle etichette dei bottoni del pannello di controllo cinese». Menzione speciale meritano le viste del globo terrestre che si osservano nel corso del film, sponsorizzate dalla NASA. Le riprese sono veritiere: i realizzatori del film hanno avuto accesso a migliaia di immagini della Terra fotografata dallo spazio, ispirandosi per riprodurre con effetti visivi le meravigliose inquadrature da applausi.

Fonti: ilpost.it - lastampa.it - wikipedia.org - plus.google.com/SamanthaCristoforetti


Jacopo Orlo
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Studente di Giornalismo, la mia passione è tutto ciò che riguarda il mondo dell'intrattenimento: cinema, fumetti, serie tv, videogiochi. Alla ricerca di cose nuove e stimolanti che possano essere condivise con chi nutre le mie stesse passioni.
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