In “Neve” Umberto Saba trasforma il paesaggio invernale in una metafora dell’interiorità e il manto bianco diventa un’entità a cui rivolgersi.
Umberto Saba è un poeta dalla straordinaria sensibilità e “Neve” ce lo ricorda. Il componimento è stato pubblicato nel 1934, all’interno della terza sezione del Canzoniere, intitolata “Parole”. All’epoca l’autore iniziava a confrontarsi con la depressione e tale aspetto ha un peso importante nei versi. La descrizione del paesaggio invernale diventa, allora, mezzo per esplorare l’interiorità e quella alla neve si trasforma quasi in una preghiera.
“Neve” di Umberto Saba
Neve che turbini in alto ed avvolgi
le cose di un tacito manto,
una creatura di pianto
vedo per te sorridere; un baleno
d’allegrezza che il mesto viso illumini,
e agli occhi miei come un tesoro scopri.
Neve che cadi dall’alto e noi copri,
coprici ancora, all’infinito. Imbianca
la città con le case e con le chiese,
il porto con le navi; le distese
dei prati, i mari agghiaccia; della terra
fa’ – tu augusta e pudica – un astro spento,
una gran pace di morte. E che tale
essa rimanga un tempo interminato,
un lungo volger d’evi.
Il risveglio,
pensa il risveglio, noi due soli, in tanto
squallore.
In cielo
gli angeli con le trombe, in cuore acute
dilaceranti nostalgie, ridesti
vaghi ricordi, e piangere d’amore.
Significato di “Neve” di Umberto Saba
Nella poesia “Neve” Umberto Saba guida il lettore in un viaggio attraverso la propria travagliata interiorità. L’autore descrive le tinte tenui e i suoni smorzati della stagione fredda concentrandosi sulla capacità della neve di creare un’atmosfera ovattata. Nei versi si insite allora, per mezzo della figura della moglie, identificabile nell’espressione “Creatura di pianto”, sul destino di sofferenza che caratterizza l’intero genere umano.
Nella poesia ritroviamo, quindi, quel carattere di “Onestà” che Saba non vuole tradire. Per il triestino, infatti, i versi devono descrivere la condizione dell’uomo con totale sincerità. Il linguaggio è semplice e quotidiano, nel rispetto della genuinità, ma ciò non impedisce all’analisi di andare a fondo. La parte finale trasmette, forse, un messaggio di speranza, ma l’inquietudine non abbandona né la natura né il poeta.
La neve nella poesia di Umberto Saba
In “Neve” Umberto Saba guarda ai fiocchi che cadono dal cielo con una riverenza quasi mistica. L’anafora, ovvero la ripetizione del termine all’inizio di ciascuna delle strofe, diventa un’invocazione e il manto bianco, lungi dal rimanere un semplice fenomeno meteorologico, si fa protagonista di una personificazione.
Nei primi versi la neve viene trasformata in una creatura in grado di vorticare e avvolgere il mondo. Essa viene vista come capace di donare pace e le si chiede di dispensare clemenza. Il paesaggio imbiancato diviene rifugio anche per le anime più tormentate e l’inverno assume i tratti di un momento di quiete, che potrebbe, persino, predisporre alla rinascita.
“Neve” si sviluppa in strofe formate da endecasillabi sciolti, in cui le caratteristiche della poetica di Saba emergono in modo chiaro. In un altro testo l’autore afferma che i fiocchi bianchi sono generati dagli angeli e dalle loro ali stanche. Non stupisce, allora, che a essi venga attribuito un potere così grande da rivelarsi in grado di cambiare le prospettive di chi scrive, pur non potendo prescindere dal trasmettere un ineluttabile desiderio di annullamento.