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La Cucina Futurista di Filippo Tommaso Marinetti

La Cucina Futurista di Filippo Tommaso Marinetti

No, non si tratta di rivoluzionarie tecniche di cottura del nuovo millennio. Stiamo parlando di Futurismo: un movimento artistico d’avanguardia nato nei primi del ‘900 che investì tutte le arti, gastronomia compresa.

L’Europa del ‘900 era segnata da profondi cambiamenti: dalla politica alle telecomunicazioni, dai trasporti (si pensi ai primi aeroplani) all’innovazione dell’industria chimica e farmaceutica. Questo contesto di mutamento e innovazione finì per stimolare un gruppo di artisti a rinnegare le passate arti per abbracciare una concezione di cultura legata ai concetti di velocità e azione.

Un manifesto aggressivo

Il movimento nacque prima in Italia per poi diffondersi rapidamente in altre parti d’Europa e del mondo come Francia e Russia. La data di inizio è il 1909 quando Filippo Tommaso Marinetti pubblicò nei maggiori giornali italiani e nel parigino «Le Figaro» il Manifesto del Futurismo. Quelle pagine riportavano i principi fondamentali del movimento: i futuristi volevano lasciarsi alle spalle la letteratura ottocentesca, ritenuta priva di contenuti ed esaltatrice della lentezza, dell’estasi e del sonno.

Per contro ritenevano che la letteratura dovesse essere veloce e violenta, che abbracciasse il progresso che stava investendo l’Italia e il mondo in quegli anni. Nel manifesto si legge: «La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.» I futuristi erano molti vicini al fascismo e la loro dialettica, violenta e concisa, verrà ripresa dalla stesso Mussolini nella sua politica di propaganda.

Artisti a tutto tondo, gastronomia compresa

Il Futurismo non si limitò a rivoluzionare la letteratura, ma si interessò di tutte le arti: cinema, poesia, pittura, scultura, architettura, teatro e gastronomia. La cucina veniva infatti considerata al pari delle cosiddette arti nobili.
Il precursore della «cucina futurista» fu il cuoco francese Jules Maincave, che aderì al futurismo nel 1914. Per Maincave i metodi tradizionali della cucina erano ormai noiosi e monotoni, rinnegava i classici abbinamenti per proporre stravaganti combinazioni come il filetto di montone e salsa di gamberi o l’aringa e gelatina di fragola. Fu il primo a porre particolare attenzione all’arredamento delle sale e alla presentazione dei piatti e la sua cucina può essere considerata una sorta di anticipazione dell’attuale Nouvelle Cousine. In seguito, la partenza per la prima guerra mondiale impedì al cuoco di continuare il suo percorso futurista.

Fu sempre Filippo Tommaso Marinetti a riprendere i principi di Maincave e a condensarli in un altro Manifesto: nel 1931 Marinetti pubblica con Fillìa il Manifesto della Cucina Futurista che può essere considerato un adattamento del primo manifesto al mondo della gastronomia.
Negli scritti di Marinetti si legge una violenta avversione per la pasta asciutta, considerata come un alimento che immobilizza e impigrisce l’uomo rendendolo fiacco e lontano dai principi di velocità e slancio che il Futurismo professava. Inoltre Marinetti, pervaso da un forte spirito nazionalista, voleva abolire tutti i vocaboli stranieri usati in cucina: così il cocktail divenne polibibita da ordinare al quisibeve piuttosto che al bar.

Progressisti, rivoluzionari della tavola

L’attenzione dei futuristi verso il progresso e lo sviluppo, anche in campo farmaceutico, si tradusse nell’invito di Marinetti rivolto ai chimici di elaborare pillole, grassi sintetici e vitamine che potessero sostituire le ingombranti porzioni a cui gli italiani erano abituati.

Il momento di massima espressione della cucina futurista è la celebre giornata alla Taverna del Santopalato, a Torino. Qui fu condotto un pranzo di 14 portate che racchiudeva tutti i principi del Manifesto della Cucina Futurista: la taverna era decorata dalle grafiche di pittori (o meglio aeropittori) aderenti al futurismo, ogni portata era accompagnata da un sottofondo musicale e particolare attenzione era riservata alla presentazione dei piatti. Fra le portate si possono ritrovare il Brodo solare e il Carneplastico, piatto simbolo della cucina futurista.

La ricetta (o formula come la definirono i futuristi) era stata scritta da Fillìa, pittore e poeta futurista. Il piatto consisteva in un cilindro di carne di vitello ripieno di undici varierà diverse di verdure e sostenuto da un anello di salsiccia e tre sfere di carne di pollo, ricoperto infine da uno strato di miele. A detta di Fillìa, il Carneplastico doveva essere: «interpretazione sintetica degli orti, dei giardini e dei pascoli d'Italia».

Fonti: parolenelpiatto.com - L'arte moderna 1770-1970 (Argan)


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