L’olio extravergine di oliva
Per capire la differenza tra olio extravergine di oliva e olio di sansa, partiamo spiegando cos’è il primo dei due prodotti. L’olio extravergine di oliva, il più famoso degli oli derivanti dalle olive, viene ricavato dalla spremitura dei frutti effettuata esclusivamente con processi meccanici, ovvero i frantoi. Il risultato finale deve essere privo di difetti organolettici e la sua acidità non può superare lo 0,8%. Gli oli d’oliva, infatti, si distinguono tra loro soprattutto per l’acidità, ovvero la percentuale di acidi grassi liberi espressi come acido oleico in 100 grammi di olio.
Oltre all’extravergine, sugli scaffali dei supermercati troviamo anche: l’olio vergine d’oliva, anch’esso ottenuto dalla spremitura delle olive fatta solamente con processi meccanici, che ha un’acidità è compresa tra lo 0,8% ed il 2% e può presentare qualche difetto, che però non incide su proprietà nutritive e salubrità; c’è poi l’olio d’oliva, olio di oliva raffinato unito a olio vergine o extravergine di oliva, la cui acidità non supera l’1%.
L’olio di sansa d’oliva
A questi si aggiunge l’olio di sansa di oliva. Per cogliere la differenza tra quest’ultimo e l’extravergine, occorre innanzitutto comprendere cos’è la sansa. Si tratta di un prodotto secondario che si ottiene dall’estrazione dell’olio dalle olive, una purea costituita da frammenti di nocciolino, sezioni di bucce e residui di polpa delle olive. Questo residuo contiene ancora una percentuale di olio, solitamente tra il 3% e il 6% del suo peso.
Una quantità che viene recuperata dai cosiddetti sansifici. Qui, con particolari processi di pressatura e centrifugazione, e soprattutto con l’impiego di solventi chimici come l’esano (tecnica vietata per l’extravergine), si ottiene l’olio di sansa di oliva grezzo. I solventi vengono poi separati dall’olio attraverso la distillazione. Solo dopo la raffinazione del grezzo, il prodotto diventa commestibile. Il processo di produzione è molto simile alla produzione dell’olio di semi.