Cos’è la Cop
Cop è l’acronimo Conferenza delle parti. Le parti in questione sono i Paesi aderenti alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici dell’Onu, un sistema di cooperazione internazionale nato dopo la Conferenza di Toronto (1988) su iniziativa della stessa Onu e dell’Organizzazione mondiale della meteorologia. La Convenzione è un trattato ambientale internazionale prodotto dalla Conferenza sull'Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro nel 1992. Conteneva come obiettivo principale la stabilizzazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera. In parallelo fu istituito anche il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), l’osservatorio scientifico sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite che elabora a intervalli regolari i più autorevoli rapporti sul fenomeno disponibili.
Alle Cop prendono parte soprattutto diplomatici di alto livello che per molti giorni si incontrano, dibattono e cercano di trovare un accordo finale sui temi più urgenti legati al contrasto dei cambiamenti climatici che metta d’accordo tutti i partecipanti. I vertici istituzionali dei Paesi (capi di Stato e di governo), prendono parte solo a una piccola parte degli appuntamenti più istituzionali. Non tutte le Cop inoltre hanno lo stesso peso. Alcune sono più tecniche, nel senso che i diplomatici lavorano più sottotraccia su temi specifici per fare dei passi in avanti e non per produrre un accordo che metta d’accordo tutti i Paesi. Altre, come dovrebbe esserlo la Cop26 di Glasgow, sono invece politiche perché ci si attende un nuovo patto su cui incentrare la battaglia alla crisi climatica.
Gli accordi principali
La prima Cop si tenne a Berlino nel 1995. La storia di questo summit è costellata di protocolli e accordi che hanno però faticato a trovare una concreta traduzione in politiche concrete da parte dei governi. Non esiste infatti un organo in sede Onu che obblighi gli Stati membri a rispettare i patti. Le due iniziative più significative di questi 27 anni (in realtà 26 perché l’edizione 2020 è stata rimandata a quest’anno causa pandemia) sono sicuramente il Protocollo di Kyoto del 1997 (Cop3) e l’Accordo di Parigi del 2015 (Cop21). Nel primo documento furono definiti gli obiettivi espliciti e vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra e inserito un meccanismo di scambio di "crediti di riduzione delle emissioni”.
L’Accordo di Parigi fissò invece gli obiettivi su cui si basa ancora oggi il contrasto al riscaldamento globale. I 195 Paesi firmatari promisero di prendere degli impegni non vincolanti, i cosiddetti “contributi determinati a livello nazionale” (gli Ndc), entro i cinque anni successivi per tagliare le emissioni e limitare entro la fine del secolo l’innalzamento della temperatura media ben al di sotto dei 2° C rispetto al livello preindustriale (calcolato al 1750) e di continuare gli sforzi per contenere questa crescita sotto gli 1,5° C, soglia di riferimento per evitare danni catastrofici.
Perché è importante la Cop26
Proprio le grandi difficoltà nel rispettare questi obiettivi rendono la Cop26 un appuntamento importante. In questi ultimi anni, gli impegni presi dai Paesi e le iniziative concrete sono state troppo timide. A tal punto che solo il piccolo Gambia risulta essere in linea con i limiti stabiliti grazie alle sue politiche. Il resto del mondo è fuori traiettoria. Se si continua così, la temperatura terrestre salirà di ben 2,7° C secondo un recente rapporto dell’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente. Ad agosto, invece, l’Ipcc ha pubblicato il suo sesto rapporto sui cambiamenti climatici. Il documento ha segnalato che un ulteriore aumento delle temperature è inevitabile. Negli ultimi secoli, le attività umane hanno provocato un aumento medio delle temperature globali di 1,1°C rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale.