“San Martino”: la famosissima poesia di Giosuè Carducci
“San Martino” è una poesia di Giosuè Carducci, pubblicata nel 1863, all’interno del terzo libro di Rime Nuove. Nel componimento il poeta racconta l’estate fuori stagione che culmina l’11 novembre e ricorda come questo giorno corrisponda a quello dell’apertura delle botti di vino nuovo. L’atmosfera del borgo è, dunque, di festa, ma la cupa natura autunnale rimane in agguato sullo sfondo.
“San Martino” di Giosuè Carducci
La nebbia agl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
Significato della poesia “San Martino” di Giosuè Carducci
In “San Martino” il poeta delinea un dipinto, in cui i cinque sensi sono protagonisti. Sullo sfondo troviamo il paesaggio della Maremma Toscana e a dominare è la contrapposizione tra mondo umano e naturale. Nella prima strofa il poeta traccia i contorni del panorama autunnale, che appare cupo, malinconico e, talvolta, spaventoso. Nebbia e pioggerellina fanno da specchio della tristezza, mentre il mare che biancheggia appare minaccioso.
Il contrasto con la seconda strofa, introdotta da un “ma”, appare evidente. Qui si racconta di un borgo in festa per San Martino. Profumi e suoni confortanti riempiono le vie, mentre vino e cibo spargono allegria. L’ultima parte del componimento segna una nuova inversione d’atmosfera, con la malinconia autunnale che torna a sovrastare i lieti aromi. Nel tramonto si apre uno scorcio sullo stato d’animo del poeta, non in sintonia con la gioia diffusa.
Cosa intende esprimere Giosuè Carducci con la poesia “San Martino”?
Nella poesia “San Martino” Giosuè Carducci ci presenta un ritratto dell’autunno in cui è facile immergersi. Il linguaggio utilizzato è semplice e diretto. Le sensazioni, e quindi il paesaggio, si delineano in modo nitido e quasi spontaneo. L’allitterazione, cioè la continua ripetizione della lettera “r”, rende l’asprezza dell'ambiente ancora più concreta. I colori accompagnano i continui cambi di atmosfera e la contrapposizione tra uomo e natura si tramuta in incarnazione del contrasto ombra-luce, freddo-caldo, morte-vita.
Il tramonto, su cui si posa l’occhio del cacciatore alla fine, rappresenta in questo contesto, perfettamente, l’autunno. Tale stagione è, infatti, il momento di passaggio per eccellenza, in cui la natura si prepara alla ciclica morte invernale e l’uomo, volente o nolente, si ferma a meditare. I verbi che non definiscono un tempo preciso aiutano a trasmettere un senso di costante ritorno.
Con “San Martino” Giosuè Carducci inneggia a una ricorrenza molto sentita. Un tempo la giornata segnava il rinnovo dei contratti agricoli, da cui il detto “fare San Martino”, con cui si indicano i traslochi. Ancora oggi l’11 novembre rimane, con l’apertura delle botti di vino nuovo, un giorno di festa. La concomitante risalita delle temperature, che frutta al periodo il nome di estate di San Martino, non guasta.
