Le fattorie verticali
Ma la tecnologia può aiutare a coltivare in modo diverso e a liverare aree da riforestare. Negli ultimi anni sono state messe in funzione le prime fattorie verticali. Una soluzione che, se venisse adottata in maniera estesa, potrebbe aiutare a produrre il cibo di cui abbiamo bisogno con un impatto sull’ambiente inferiore. In pochi metri quadri di suolo si potrebbe coltivare quello che oggi richiede ancora centinaia o migliaia di ettari. E in modo molto più efficiente. Le fattorie verticali possono usare infatti circa l’1 percento dei terreni dell’agricoltura tradizionale e generare la stessa quantità di prodotti. Inoltre, funzionano spesso in maniera automatica, ottimizzando il consumo di energia (per la luce artificiale necessaria ai processi biologici) e acqua.
Oggi sono ancora costose. I primi esempi, tuttavia, dimostrano che possono diventare sostenibili a livello economico. Al momento vengono sfruttate soprattutto per coltivare verdure a foglia. In Danimarca, ad esempio, un complesso di fattorie verticali, punta a fornire verdure fresche all’intero Paese tutto l’anno. Presto potrebbero essere usate per le bacche e per la viticoltura. Ma anche il bestiame potrebbe essere nutrito in questo modo, coltivando i foraggi (altra causa di deforestazione, come succede in Amazzonia) in verticale anziché su terra. Come sta già facendo un'azienda negli Stati Uniti.
Carne plant-based e latticini dai bioreattori
I prodotti alternativi alla carne come la conosciamo oggi potrebbero fare una differenza ancora più grande. Gli hamburger plant-based che hanno lo stesso delle versioni classiche stanno prendendo piede, tanto che oggi alcune aziende stanno crescendo velocemente. Gli esempi più eclatanti sono Impossible Burger e Beyond Meat: la prima sfrutta il 96 percento in meno di terreni per un hamburger, la seconda il 93.
Alla carne di origine vegetale si è aggiunta quella “coltivata” in laboratorio. Bistecche e petti di pollo ottenuti appunto dalla coltivazione delle cellule degli animali in bioreattori per generare i tessuti delle specie che mangiamo. Sebbene possa destare perplessità e preoccupazione, recentemente è arrivata la prima approvazione all’immissione in commercio da parte di un ente per la sicurezza alimentare in Taiwan.
Anche i prodotti derivati dal latte possono essere creati nello stesso modo. Sfruttando le sue proteine si possono ottenere in laboratorio formaggi e altri derivati simili a quelli che attualmente consumiamo, ma senza l’impatto sull’ambiente degli allevamenti.