Il fenomeno
Le temperature sempre più elevate stanno liberando dai ghiacci terreni favorevoli alla crescita delle specie d’alta quota, ma stanno spingendo anche specie estranee a invadere il territorio spingendo quelle endemiche sempre più verso la vetta. Ma la montagna è destinata a finire.
Gli esperti chiamano il fenomeno “escalator to extinction”, la scala mobile verso l’estinzione. Secondo lo studio, che ha concentrato le analisi sul ghiacciaio Vedretta d’Amola, la parte occidentale del ghiacciaio del Trobio, quello del Rutor e il Vedretta di Cedec, riguarda fino al 22 percento delle specie alpine. Piante come la Saxifraga bryoides, la Saxifraga oppositifolia e la Cardamine resedifolia potrebbero sparire 150 anni dopo lo scioglimento completo dei ghiacciai secondo Losapio.
Competizione tra piante
La ricerca ha incrociato i dati geologici storici del ritiro dei ghiacciai con quelli relativi a 117 specie osservate. Le piante d’alta quota, adattatesi a crescere a temperature più rigide, impiegano meno di cento anni a colonizzare le aree lasciate libere dai ghiacciai. Ma dopo 150 anni, in queste stesse zone, la competizione diventa più dura, perché altre specie più comuni ad altitudini inferiori conquistano terreno grazie alle condizioni più favorevoli.
Le piante endemiche delle quote più elevate vengono quindi spinte sempre più in su, ma ad un certo punto lo spazio si esaurirà. “Siamo abbastanza sicuri che questi risultati possano essere estesi ad altre zone delle Alpi e ad altri ecosistemi montani come quelli dell’Himalaya, del Karakorum e delle Ande”, ha spiegato Losapio al The Guardian.
Un problema per gli ecosistemi
Lo scienziato parla di ecosistemi perché il problema è molto più ampio. La sparizione delle piante alpine potrebbe portare ad altre estinzioni locali, in quanto fanno parte delle catene alimentari di diversi animali. “Sono dei produttori primari… non sono solo il nostro cibo, ma benzina per tutto l’ecosistema – i consumatori, i predatori, i parassiti, gli erbivori e gli impollinatori”, ha affermato l’ecologo.
Impossibile prevedere come saranno le Alpi tra cento anni. I cambiamenti dipenderanno dalle precipitazioni e sull’evoluzione di queste non c’è consenso. “È come nella foresta boreale: se piove molto potrà essere ancora una foresta continua con un suolo umido e molto fertile. Se pioverà poco, assomiglierà di più a zone come la Sierra Nevada in Spagna o la California”, ha detto Losapio.