Cosa prevede
Il ddl sul biologico ha unificato le proposte in materia provenienti da diversi parlamentari. La sua denominazione corretta è “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico”. L’iter della proposta è partito dalla Camera dei Deputati nel dicembre 2018 e, al momento, si è fermato dopo l’esame effettuato dalla Commissione Agricoltura della stessa Camera a fine luglio del 2021.
Quattro sono gli oggetti del disegno di legge: l’armonizzazione e la razionalizzazione del sistema delle autorità nazionali e locali e degli organismi competenti; lo sviluppo di distretti biologici e l’organizzazione della produzione e del mercato, compresa l’aggregazione tra i produttori e gli altri soggetti della filiera; le azioni per la salvaguardia, la promozione e lo sviluppo della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico; l’uso di un marchio nazionale che contraddistingua i prodotti ottenuti con il metodo biologico, realizzati con materie prime coltivate o allevate in Italia.
Un nuovo marchio “biologico italiano”
L’introduzione del nuovo marchio è sicuramente una delle novità più interessanti. Nel testo si legge che servirà “per caratterizzare i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana” e che quindi rispettano le linee guida della normativa dell’Unione Europea a cui tutti i Paesi membri si devono attenere. Ciò significa, in sintesi, che il metodo agricolo dovrà esaltare la naturale fertilità del suolo, la salubrità dei prodotti e rafforzare la sostenibilità senza usare prodotti di sintesi quali fitofarmaci e concimi chimici. Il marchio potrà “essere richiesto su base volontaria”.
I distretti biologici
L’altro contenuto interessante del ddl sono i distretti biologici. L’intenzione è quella di creare delle vere e proprie sinergie in materia tra attività economiche e enti locali per promuovere “la conversione alla produzione biologica” e per “favorire processi di preparazione, di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti biologici”. Nel ddl vengono definiti tali “anche i sistemi produttivi locali, anche di carattere interprovinciale o interregionale, a spiccata vocazione agricola nei quali siano significativi: la coltivazione, l’allevamento, la trasformazione e la preparazione alimentare, all’interno del territorio individuato dal biodistretto, di prodotti biologici conformemente alla normativa vigente in materia; la produzione primaria biologica che insiste in un territorio sovracomunale, ovverosia comprendente aree appartenenti a più comuni”.